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Il finale, attestano tutti i cronisti dell'epoca, degenerava frequentemente in rissa. Lo scopo era di far rimanere a bocca asciutta e sbeffeggiare uno dei partecipanti. E non sempre il perdente accettava di buon grado di veder gli altri bere il vino che avrebbe dovuto pagare lui. La "passatella" aveva un regolamento molto rigido e fasi piuttosto complesse. Riassumendo all'estremo, gli elementi essenziali erano questi: tutti i giocatori procedevano alla conta aprendo simultaneamente le dita di una mano, come a morra. Chi dalla conta risultava prescelto era detto, semplicemente, "la Conta". Questi aveva diritto alla prima bevuta e doveva nominare il "padrone" e il "sottopadrone" del vino. Al padrone spettava il compito di riempire a sua discrezione i bicchieri degli altri partecipanti. Più determinante, in realtà, era il ruolo del "sotto": costui, infatti, poteva decidere di "passare", ossia di saltare, uno dei giocatori.
E poteva anche nominare dei suoi vice che a loro volta procedevano, ad arbitrio, ad ulteriori "passate". Chi alla fine di una serie di giri, o mani, restava definitivamente escluso dalla bevuta veniva "fatto olmo" (termine di incerta etimologia che significa, appunto, escluso) e doveva pagare per tutti.
La "passata" era quasi sempre suggerita da rancori o ruggini personali, e si ha precisa testimonianza di dialoghi al vetriolo tra i "sottopadroni" e le loro vittime di turno. Non infrequenti, come si accennava, gli epiloghi a coltellate. Specialmente quando l' "Olmo" era un "paìno" dal sangue caldo, uno di quei giovanotti capaci di prendersela a male "si quarcheduno je carpestava l'ombra".
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