Racconto Fantasy - Senza Titolo

Quando avevo 18 anni, dopo aver letto innumerevoli libri fantasy, ho provato a vedere cosa potesse uscir fuori dalla mia mente e dalla mia penna, ne è uscita sta roba qua ...

Capitolo 1


Il cavallo avanzava, veloce, sul terreno impervio, sollevando un grosso polverone al suo passaggio, il cavaliere era concentrato nella sua folle corsa, non capiva perché ma sapeva di non poter perdere tempo, non conosceva la destinazione ma una forza misteriosa ed invisibile guidava i passi del suo destriero.

Erano giorni che viaggiava ininterrottamente, senza mangiare, nutrendosi solo dell’ambrosia che Morgan il saggio gli aveva donato prima di partire, eppure non aveva fame, non conosceva stanchezza ed i suoi sensi erano sempre all’erta.
Il sole stava tramontando portando con se il quarto giorno, da li a poco sarebbe calata la notte e quindi nuova forza per il cavaliere.

Lunghi capelli argentei uscivano fuori dal cappuccio che copriva il suo volto, cappuccio che raramente toglieva quando era in vicinanza di qualche centro abitato; sapeva che la sua carnagione scura poteva essere un problema e che la sua razza non era ben vista in quella parte di mondo, veramente non era vista bene in nessuna parte del mondo in superficie, questo era quello che gli aveva detto suo padre, oltre ad avergli insegnato ad usare le due scimitarre che gli aveva lasciato insieme ad una statuetta d’onice raffigurante una pantera.

La radura stava diventando sempre più buia, l’aquila rientrò dentro la caverna e si fermo sulla culla, in quel mentre un grigio lupo si destò ed usci per cominciare il suo turno di guardia.
Erano lì da quando la bambina era venuta alla luce, sapevano che solo una persona poteva avvicinarsi a lei, nessun altro l’avrebbe portata via.
Così diceva la profezia :

“Nascerà un giorno d’estate,
l’acqua ed il fuoco la concepiranno,
il vento e la terra la proteggeranno,
e solo il figlio del rinnegato potrà trovarla e portarla con se !!”.

Silenziosa, nata pochi giorni prima, una dolcissima bambina con i capelli rossi come il fuoco e gli occhi di un blu intenso come il profondo oceano, giaceva in una culla fatta di roccia, coperta da un drappo azzurro.
Tutta la caverna era intrisa di magia, ma non magia umana , bensì l’antica magia degli Elementi che governano l’universo, la bambina stessa era la fonte di tale magia.
La notte era finalmente giunta, il cavaliere respirò a pieni polmoni, e i suoi occhi, di un intenso color viola, poterono finalmente vedere senza difficoltà, mentre galoppava si tolse il cappuccio ed una folta chioma argentata si liberò al vento.

D’un tratto il cavallo si arrestò, fiutando nell’aria, il cavaliere si allertò e cominciò a scrutare all’orizzonte, udì un ululato provenir dalla parte opposta della radura, guardò in quella direzione e vide la caverna ed in cuor suo sentì di esser finalmente giunto a destinazione.
Spronò il suo destriero sulla radura, giunto nei pressi della caverna si fermò nuovamente e scese da cavallo, il lupo gli venne incontro e cominciò a ringhiare, Vorn Do'Urden stava per impugnare la sua scimitarra, Twinkle , quando si accorse che sopra l’entrata c’era lo stesso simbolo rappresentato sul medaglione che gli aveva consegnato Morgan prima di partire, una croce con quattro scritte sui quattro punti cardinali, si poteva leggere, partendo da nord e procedendo in senso orario, Tzaphon, Mizrach, Darom e Maarab.

Il Drow capì, tirò fuori il medaglione da dentro la camicia e appena il lupo lo vide abbasso il capo e si fece indietro permettendo a Vorn Do’Urden di entrare.
Appena mise piede nell’antro venne avvolto da un enorme senso di pace e serenità, e man mano che avanzava sentiva sparire anche la più piccola traccia di stanchezza, giunto infine al centro della grotta la vide e non poté far a meno di inginocchiarsi.
Si fermò ai suoi piedi per un tempo che non riuscì a decifrare, poi si alzò e finalmente ebbe il coraggio di prenderla in braccio, lei gli sorrise e lui comprese il perché del suo lungo viaggio e capì che quella bambina avrebbe riportato l’equilibrio tra la Legge ed il Caos.


Capitolo 2

Inga-Britt era appena giunta nella città di Alderon, il suo cavallo era stremato, dieci giorni di viaggio , con pochissime soste, per arrivare a destinazione prima della luna nuova.
Ricordava ancora le parole di Viviana, la Sacerdotessa :
La Grande Madre mi ha visitato questa notte è mi ha detto che il tempo è finalmente giunto, la profezia si sta avverando, dovrai recarti nella lontana Alderon e lì aspettare il figlio del rinnegato, lo riconoscerai dal medaglione che porterà al collo !!!”, non aveva aggiunto altro se non di non perdere tempo, doveva arrivare prima del cambio della luna.
Lei aveva preso con se il suo pugnale, aveva indossato il lungo mantello nero da viaggio ed era partita senza farsi vedere da nessuno, sola con il suo cavallo, un baio irlandese dal manto color whisky.
La prima cosa da fare era trovare una locanda dove riposarsi e far riposare il suo cavallo, e Alderon era nota per le sue innumerevoli locande, alcune erano chiassose e affollate, proprio sulla via principale altre più tranquille e nascoste dove poter passare inosservati, e Inga-Britt non voleva dare all’occhio così lontana dalla sua Isola.

La sua Isola, quanto le mancava, d’altronde era la prima volta che si trovava così lontano da essa, e per tutto questo tempo, si in passato aveva fatto altri viaggi in terra ferma, ma solo per brevi periodi, due giorni al massimo, e sempre per partecipare a delle cerimonie particolari, nulla più. Questa era la sua prima missione, era la più giovane sacerdotessa del culto della Grande Madre , e nonostante ciò Viviana non aveva avuto dubbi nel scegliere lei.

Scelse una locanda vicino al porto, furono il nome ed il disegno sull’insegna a convincerla che quello era il posto giusto dove trovar riparo, molto spesso si faceva guidare dai piccoli segni che incontrava lungo la strada e quello non era poi così piccolo, si chiamava la Falce di Luna, e un piccolo spicchio di luna era disegnato sull’insegna, proprio come la falce di luna argentata che aveva sulla fronte e che contraddistingueva le sacerdotesse della sua Isola.
Gli torno alla mente una notte di qualche anno prima, la notte in cui si votò alla Dea Madre, in cui divento sacerdotessa; era la notte di Beltane, c’erano falò accesi ovunque, lei era vestita di una veste bianca, i suoi lunghi capelli color nero corvino le coprivano le spalle fino ai glutei, i suoi piedi scalzi poggiavano sulla calda Terra, e sentiva la forza della Grande Madre entrare in lei.

Circondata da sacerdotesse che intonavano un’antica canzone Inga-Britt si sentiva leggera, le sembrava quasi di non essere nel suo corpo, aveva voglia di danzare alla luna ma non era sicura di poterlo fare, quindi era lì in attesa che qualcosa accadesse, non le avevano detto cosa si doveva aspettare, e mentre attendeva si soffermo sulle parole della canzone.

"Io sono la Grande Madre,
adorata da tutto il creato,
ed esisto da prima della sua coscienza.
Io sono la forza femminile primordiale,
senza confini ed eterna.
Io sono la casta Dea della Luna,
la Signora di tutta la magia.
I venti e le foglie che si muovono cantano il mio nome.
Io porto la falce di Luna sulla fronte,
ed i miei piedi riposano tra i cieli stellati.
Io sono i misteri non ancora risolti,
un sentiero nuovamente intrapreso.
Io sono un campo non toccato dall'aratro.
Gioite in me e conoscete l'abbondanza della gioventù.

Io sono la Madre benedetta,
la graziosa Signora del raccolto.
Io sono vestita dalle profonde,
fredde meraviglie della Terra e dall'oro dei campi carichi di grano.
Da me sono governate le maree della Terra;
tutte le cose raggiungono la maturazione secondo le mie stagioni.
Io sono rifugio e guarigione.
Io sono la Madre donatrice di vita,
meravigliosamente fertile.

Adoratemi come l'Anziana,
portatrice del ciclo della morte e della rinascita mai rotto.
Io sono la ruota, l'ombra della Luna.
Io governo le maree delle donne e degli uomini
e do sollievo e rinnovamento alle anime stanche.
Anche se l'oscurità della morte è il mio dominio,
la gioia della nascita è il mio dono.
Io sono la Dea della Luna,
della Terra,
dei Mari.
I miei nomi e le mie forze sono molteplici.
Io riverso magia e potere,
pace e saggezza.
Io sono l'eterna Fanciulla,
Madre di tutti,
ed Anziana dell'oscurità,
ed io vi mando benedizioni di amore illimitato."

Il canto andò scemando ed in lontananza si potevano udire altre note che pian piano prendevano d’intensità, voci maschili e musica barda, se qualcuno si fosse trovato lì avrebbe visto una lunga colonna di Bardi con in mano delle torce avanzare verso il cerchio delle Sacerdotesse, al centro della colonna c’era un uomo con i fianchi cinti da un panno, il dorso nudo ed una maschera a forma di cervo che gli copriva il volto. Inga-Britt si sforzo di capire le parole del nuovo canto e nella sua mente affiorarono delle immagini di luoghi e persone che non conosceva, almeno in quella vita.
“Io sono il radioso Re dei Cieli,
inondo la Terra di calore
ed incoraggio i semi nascosti
della creazione ad irrompere
e manifestarsi.
Io sollevo la mia lancia luccicante
per illuminare le vite di tutti gli esseri
ed ogni giorno riverso il mio oro sulla Terra,
scacciano i poteri dell’oscurità.
Io sono il signore delle bestie selvatiche e libere.
Io corro con il leggiadro cervo
e volteggio come un falco sacro
nel cielo scintillante.
Le antiche foreste
ed i posti selvatici
emanano i miei poteri,
e gli uccelli dell’aria cantano la mia santità.
Io sono anche l’ultimo raccolto,
offro grano e frutta
sotto la falce del tempo
in modo che tutti possano essere nutriti.
Perché senza semina
non ci può essere il raccolto;
senza inverno, niente primavera.
Adoratemi come il Sole
della creazione dai mille nomi,
lo spirito del cervo cornuto nella foresta,
il raccolto infinito.
Osservate nel ciclo annuale
delle feste la mia nascita,
morte e rinascita
e sappiate che tale è il destino di tutte le creature.
Io sono la scintilla della vita,
il Sole radioso, colui che dà pace e riposo,
e mando i miei raggi benedetti
a riscaldare i cuori e rafforzare le menti di tutti.”

Quando la colonna giunse in prossimità del cerchio alcune sacerdote si spostarono lasciando un varco aperto, i bardi fecero due colonne e Inga-Britt vide il giovane uomo con la testa di cervo avanzare verso di lei, ed in poco tempo si trovarono uno dinnanzi l’altro.

Allora il cerchio si ricompose, ora era formato da sacerdotesse e bardi, ed i canti divennero un canto solo, le voci una voce sola, il giovane Dio Cervo la prese in braccio e la adagio sull’altare di pietra che si trovava alle loro spalle, i suoni dei tamburi salivano di intensità, la leggerezza che aveva sentito prima ora era ancora più intensa, si sentiva forte, padrona del mondo, ora sapeva cosa doveva fare, ora era lei la Grande Dea.

Una leggera brezza si alzò sui campi portando l’odore del fieno tagliato, i fuochi facevano risplendere le alte pietre che circondavano l’altare, tutto attorno a lei sembrava un uno con l’universo, il Dio Cervo era entrato in lei e la possedeva al suono dei tamburi, i suoi movimenti erano dettati dalla musica e prendevano intensità con il crescere del suono e diventavano più lenti con il calar del ritmo, Inga-Britt provava sensazioni mai conosciute, ora la sua mente vagava fino ai confini del mondo, sentiva un grande calore uscire da lei, stava scoprendo cosa volesse dire amare.

Le mani del Dio Cervo le cingevano i fianchi e i loro occhi si guardarono con forte intensità, fu proprio in quel momento che lui emise un forte gemito e lei senti tutta l’energia del giovane inondarla. Passarono pochi secondi e Viviana alzo un braccio, a quel gesto il silenzio calò nel cerchio e lei si sentì stremata, il giovane Bardo giaceva senza forze al suo fianco, un raggio di luna li coprì come fosse un caldo manto, e la leggera brezza continuò a carezzarle i capelli.

Si svegliò alle prime luci dell’alba, il Bardo non era più lì, non avrebbe mai saputo chi fosse, i fuochi erano spenti, si vedeva solo del fumo salire verso il cielo, si sentiva cambiata, cresciuta, prese il suo pugnale che si trovava ai piedi dell’altare e lo usò come specchio, e per la prima volta la vide, proprio sulla sua fronte c’era la falce di luna, il regalo della Grande Madre.

Ora era una sacerdotessa.

Nello stesso istante in cui Inga-Britt mise piede nella locanda, tutti i ricordi sparirono.

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